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Investimenti (tratto da "La Repubblica")


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È SEMPRE PIÙ PRESENTE TRA GLI ASSET DI RISPARMIATORI ANCHE PICCOLI. ESTRAZIONI RIDOTTE PER I COSTI ELEVATI E IL FATTO CHE L’EVENTUALE PLUSVALENZA DA VENDITA NON È SOGGETTA A TASSE (SI PAGA SOLO L’IVA), RENDONO IL BENE PIÙ RARO E SPINGONO IL PREZZO E IL BUSINESS

Milano N on per tutti “un diamante è per sempre”. Anzi, il numero di coloro che vedono le pietre preziose come un interessante investimento — da comprare e rivendere incassando una plusvalenza — è in costante crescita. I diamanti rientrano a pieno titolo nella categoria degli investimenti alternativi, la cui presenza è sempre più forte all’interno dei portafogli anche di piccoli investitori. Questa asset class consente infatti di ottenere rendimenti di tutto rispetto in un momento in cui l’obbligazionario offre una remunerazione prossima allo zero e l’azionario presenta più rischi che opportunità. Inoltre l’investimento in diamanti ha vantaggi di non poco conto, soprattutto dal punto di vista fiscale: l’eventuale plusvalenza derivante da una vendita non è soggetta a tassazione (i diamanti sono solo soggetti all’Iva). Da un punto di vista più strettamente finanziario i diamanti non sono tecnicamente una commodity, come per esempio l’oro, per il semplice fatto che non hanno peso e dimensioni standard (e quindi nemmeno un prezzo ufficiale) ma molti esperti li considerano tali, alla stregua dell’oro e dell’argento. Ne consegue che, non avendo peso e dimensioni standard, non esistono Etc sui diamanti e l’unica possibilità di effettuare un investimento è dunque quello di comprarli fisicamente. Essi hanno dunque tutte le caratteristiche di uno strumento d’investimento “reale” e, allo stesso tempo, “raro”, in grado di suscitare un appeal emozionale di cui i prodotti finanziari sono solitamente privi. Il valore di questi preziosi non è dunque legato ad un emittente specifico né al rischio di controparte di un’istituzione finanziaria. Quello dei diamanti è un mercato di nicchia a cui dedicare piccole percentuali di un portafoglio ampio. L’unica controindicazione rispetto all’oro (l’investimento più vicino a quello in diamanti), che è indistruttibile e può essere suddiviso e plasmato in varie forme, è che i diamanti sono estremamente fragili e possono quindi perdere il loro valore in caso di danneggiamento. L’appeal delle pietre preziose in questo contesto di mercato è dato soprattutto dai fondamentali: la produzione è in netto calo, anche perché ai prezzi attuali l’estrazione non è più remunerativa. Si tratta di una situazione che presenta molte analogie con quanto avvenuto con l’oro nei primi anni Duemila, ovvero quando le quotazioni del metallo giallo hanno iniziato la lunga corsa che le ha portate dai 250 dollari l’oncia al massimo storico di 2000 dollari. Il mercato dei diamanti, i cui meccanismi sono poco noti al grande pubblico, è diviso in due parti: da una parte ci sono i diamanti grezzi e dall’altra quelli lavorati (tagliati). Le maggiori aziende estrattrici di diamanti fanno parte di multinazionali quotate in Borsa come l’ex monopolista De Beers, che fa capo al gruppo Anglo American, e Rio Tinto o appartengono ad enti statali, come per esempio la russa Alrosa. Nel 2015 quest’ultima ha superato De Beers sia per volume di produzione sia per valore. Secondo i dati del Kimberley Process Scheme (Onu), che certifica l’origine e l’eticità dei diamanti grezzi sul mercato, la produzione di grezzo è passata dal picco del 2007 di 169 milioni di carati (33.800 kg) ai 125 milioni del 2014 (25.000 kg), con stime di calo per il 2015 fino al — 40% (De Beers). La resa media di un giacimento è di 1 grammo di diamante ogni 10 tonnellate di roccia estratta e solo un quinto di questo grammo è utilizzabile in gioielleria, il resto è dirottato all’industria per i più svariati usi ma non ha interesse gemmologico. Dal report annuale sull’industria del diamante di Bain&Co, risulta che la vita media residua delle attuali miniere di diamanti è di circa 25 anni e non sono stati scoperti giacimenti importanti da almeno 15 anni. Inoltre, per avviare una miniera di diamanti occorrono circa 10 anni. I diamanti grezzi sono venduti direttamente ai tagliatori con aste programmate oppure attraverso il “mercato secondario” cioè l’unica Borsa al mondo per diamanti grezzi che ha sede ad Anversa in Belgio, dove anche i tagliatori più piccoli possono affacciarsi per acquistare singoli lotti. Negli ultimi mesi le aziende più importanti non hanno ritenuto profittevole mettere in produzione nuova materia prima perché il prezzo dei diamanti tagliati non è remunerativo per tutte le 16.000 categorie di qualità, mentre le società più piccole, non avendo più accesso al credito per finanziare la propria attività, hanno gli impianti fermi o hanno chiuso. Due fattori che hanno un importante effetto sul bilanciamento della domanda e dell’offerta. Il mercato dei diamanti è inoltre affetto da un’inefficienza della filiera distributiva, tenuto conto del fatto che negli ultimi vent’anni il numero degli intermediari di diamanti nel mondo è letteralmente esploso. Uno studio commissionato dal Gemological Institute of America ha stabilito che la filiera è di 13 passaggi e a livello globale esistono almeno 200.000 intermediari all’ingrosso registrati ufficiali (escludendo i trader di Borsa e le gioiellerie al dettaglio). La Borsa diamanti più importante del mondo si trova ad Anversa dove transita il 50% del valore del commercio mondiale di diamanti grezzi e tagliati per circa 40 miliardi di dollari. Esistono inoltre 28 Borse per i diamanti tagliati sparse in tutto il mondo che fanno parte della Federazione Mondiale delle Borse Diamanti (Wfdb), che ha sede sempre ad Anversa. Tutte le Borse utilizzano moderne piattaforme online dove si comprano e vendono diamanti in tempo reale. Da questi luoghi i diamanti partono per arrivare dai grossisti, agli artigiani e nelle gioiellerie. Senza dimenticare il canale online che taglia tutte le commissioni ed abbassa i prezzi a tutto vantaggio dei consumatori. I principali mercati sono Cina, India e Stati Uniti, che da soli rappresentano il 70% del valore mondiale (le miniere più importanti si trovano invece in Russia, Botswana, Australia e Angola. Secondo l’ultimo rapporto di Bain&Co. “le prospettive a lungo termine per il mercato dei diamanti rimangono positive, con la domanda che dovrebbe superare l’offerta a partire dal 2019”. Per gli esperti della Bain&Co. la domanda di diamanti grezzi potrà riprendersi dalla recente crisi e tornare ad una crescita di circa il 3% al 4% l’anno in media. I driver della ritrovata crescita dovrebbero essere i solidi fondamentali negli Stati Uniti e la continua espansione della classe media in India e la Cina che, fra le altre cose, sono anche i maggiori acquirenti di oro. La produzione di diamanti grezzi, invece, è prevista in calo dell’1% al 2% all’anno fino al 2030. A tutto vantaggio delle quotazioni. Tra i principali Paesi produttori di diamanti crescono Russia e Congo e in modo meno accentuato il Canada IL TREND DEL PREZZO Il prezzo dei diamanti è cresciuto con continuità dagli anni Sessanta per 40 anni. Dall’inizio degli anni 2000, dopo un breve calo, il prezzo ha subito un’impennata in coincidenza con le crisi economiche che ne hanno esaltato il valore come bene rifugio al pari di altri preziosi a cominciare dall’oro

Tratto da La Repubblica

http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2016/04/04/news/rendimenti_alti_e_vantaggi_fiscali_il_diamante_seduce_gli_investitori-136935304/

ENOD Milano| grossisti pietre preziose

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